Come non restare colpiti dall’emozionante suggestione che emanano i paesaggi iblei magicamente pennellati dallo straordinario pittore oltre che scrittore siciliano Turi Volanti (Floridia, Siracusa, 1930 -). Come afferma nel suo sito personale (http://www.turivolanti.com/) è solo nel 1984 che è in grado di dimostrare di avere riannodato i fili con l’anima della… sua Itaca (la natia Sicilia): con la mostra “Natura e mito nella Sicilia di Turi Volanti” dà inizio all’epos e alla fabulazione dell’universo isolano.


Da sottolineare la scoperta dei muri-a-secco caratterizzante il paesaggio ibleo, e assunti quale metafora dell’epos contadino, con una resa iconica assolutamente unica e originale… queste contrade hanno fatto parte della lunga epopea pastorale e contadina: con queste pietre la razza terricola ha vissuto il dramma dello sfruttamento e delle lotte per lo smantellamento dei latifondi siciliani… Lungo gli scoscendimenti i muri-a-secco sbarrano le campate di terra, trasformando il terreno in balze e terrazze feconde di vigne, frutteti e agrumeti. Visti dal basso hai la visione, per l’effetto prospettico, di un grandioso mosaico, essendo gli arbusti piantati in linea arretrata rispetto al piano dei muri: Allora il paesaggio si fa verticale, anabatico: un’ascensione di pietra scabra e mutevole s’innalza a falde, man mano arretrando, e taglia il cielo, disegnando un nuovo orizzonte. La nostra pietra, la pietra di Sicilia, ha un colore unico e un dolore antico. Poco dovrà importarti se è tufacea o calcarea, dolce o dura: la luce che essa porta e in sé trattiene, è una forza che sconvolge la materia, unificandola, convertendola, in altra sostanza. E’ una luce che ti abbaglia, ma con aspra dolcezza. E’ di un colore bianco che si vela d’azzurro o di grigioperla. Oppure di un grigioazzurro che si carica di luce e t’appare bianca, La luminosità sembra promanarsi dall’interno della materia, come nei quadri di Rembrandt. Non concede riverberi: assorbe il sole che là dentro, la pietra resta, e la cuoce sgretolandola nei punti più friabili. Il vento e l’acqua assecondano l’opera, e il sasso viene bucato, trafitto, segnato, scavato. E’ la pietra dei nostri muri-a-secco: è la tormentata pietra di Sicilia, che fa più siciliano il nostro paesaggio: è la stessa Sicilia che ti offre il proprio corpo, splendido e dolente, in tutte le contraddizioni della sua natura (da “Demetra iblea”, di Turi Volanti, Ánapos Edizioni, pp. 130, 1993).

“In Volanti la natura non è diversa o divisa dalla vita, dalla realtà umana; tutto si plasma e si compone in un connubio unico (“Le tombe degli dèi” del ’83), e il tempo si scandisce sui movimenti di questa texture policroma. Assistiamo a un processo di umanizzazione della natura, (“Ulivi saraceni” dell’86) che non è il teatro o un apologo della vita dell’uomo, ma la vita stessa dell’uomo, che s’identifica quindi con la sua storia, corpo caduco che si sgretola e corrompe, eroso dai suoi grandi sommovimenti fisiologici (“La solitudine di Cristo” dell’88). Per questo il simbolismo volantiano, non è lirico ma epico, non decadente ma esistenziale”. (F.De Santi, dal saggio “L’infinita inquietudine di Turi Volanti” sulla mostra antologica di 50 anni di pittura, Cripta del Collegio di Siracusa).

